Cosa non è l’ADHD: Mode e ripercussioni sulla salute mentale delle persone
- dr.ssa Elizabeth Moore
- 7 giorni fa
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Aggiornamento: 5 giorni fa

Negli ultimi anni, l’ADHD è diventato un termine onnipresente: lo si trova nei post virali sui social, nelle etichette rapide che molti si auto-attribuiscono, e persino nei discorsi educativi e clinici più superficiali. Ma dietro questa iper-esposizione si cela un rischio concreto: la banalizzazione di una diagnosi seria, con conseguenze potenzialmente gravi sulla salute mentale delle persone – sia di chi riceve una diagnosi errata, sia di chi ha effettivamente bisogno di un supporto specialistico.
Gli argomenti che vedremo in questo articolo sono:
Cos’è davvero l’ADHD: una panoramica clinica sulle caratteristiche del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività.
Cosa non è l’ADHD: differenze con altre difficoltà psicologiche e rischi dell’autodiagnosi.
ADHD come “moda diagnostica”: come i social media e il marketing hanno trasformato la diagnosi in etichetta identitaria.
Come si distinguono davvero i sintomi dell’ADHD da comportamenti comuni
Le conseguenze cliniche e sociali di un uso improprio: impatto sulle diagnosi, sulla terapia, e sullo stigma.
L’importanza di un approccio serio e competente: il ruolo dei professionisti e il valore di una diagnosi accurata.
Cos’è davvero l’ADHD
L’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività) è una condizione neuropsichiatrica riconosciuta dai principali manuali diagnostici internazionali (DSM-5, ICD-11), che si manifesta tipicamente in età evolutiva e può persistere in età adulta. I suoi sintomi principali sono:
Disattenzione: difficoltà a mantenere l’attenzione, a seguire istruzioni, tendenza alla distrazione e alla disorganizzazione.
Iperattività: eccessiva attività motoria, difficoltà a rimanere seduti, agitazione.
Impulsività: risposte affrettate, difficoltà a rispettare turni, interruzione frequente degli altri.
L’ADHD non è un’invenzione moderna, ma una diagnosi complessa che richiede una valutazione clinica attenta, condotta da professionisti qualificati, attraverso osservazione diretta, colloqui, test specifici e coinvolgimento di genitori e insegnanti nel caso dei minori.
Cosa non è l’ADHD
Non è normale stanchezza mentale, né un carattere vivace. Non è distrazione saltuaria, né difficoltà a concentrarsi in ambienti stressanti. Non è il sentirsi “diversi” dagli altri, né una spiegazione facile per ogni disagio emotivo o relazione difficile.
Oggi si assiste a un abuso del termine, che viene usato come sinonimo di “mente veloce”, “creatività esplosiva” o “ipersensibilità”. Se da un lato è importante lottare contro lo stigma, dall’altro è altrettanto pericoloso svuotare il disturbo del suo significato clinico. L’ADHD non è un modo di essere, è una condizione che può compromettere in modo significativo la vita scolastica, lavorativa, sociale ed emotiva di chi ne soffre.
ADHD come “moda diagnostica”
L’esplosione dei contenuti sui social, dei video di auto-diagnosi e delle testimonianze non verificate ha creato un effetto valanga. Si parla di ADHD in toni leggeri, come se fosse un’etichetta identitaria, un trend con cui identificarsi o giustificare qualsiasi difficoltà. Le piattaforme digitali, in particolare Fcebook, TikTok e Instagram, alimentano la tendenza a cercare risposte immediate a disagi reali ma spesso più complessi.
Questa semplificazione crea confusione tra sintomi reali e stati passeggeri legati a stress, ansia, burnout, esperienze traumatiche o difficoltà relazionali.
Ma come si distinguono davvero i sintomi dell’ADHD da comportamenti comuni?
🧠 Sintomi reali dell’ADHD: come distinguerli da segnali generici
Capire cosa sia davvero l’ADHD è essenziale per evitare fraintendimenti, diagnosi errate e trattamenti sbagliati. Non basta riconoscere un bambino vivace o un adulto distratto per parlare di disturbo: serve osservare un pattern specifico e persistente di sintomi, che interferisce con la vita quotidiana.
Ecco un approfondimento sui tre principali domini sintomatici, con esempi concreti per distinguerli da comportamenti normali o da difficoltà transitorie.
1. Disattenzione (non è solo “essere distratti”)
Chi soffre di ADHD manifesta una disattenzione costante e generalizzata, non legata solo alla noia, alla stanchezza o alla mancanza di interesse. È una difficoltà che emerge anche durante attività preferite, e che compromette il funzionamento quotidiano.
✅ Sintomi reali:
Difficoltà continua a mantenere l’attenzione anche in compiti semplici o interessanti (es. giochi, film, conversazioni).
Facile distrazione da stimoli esterni o pensieri interni, anche minimi.
Difficoltà a seguire istruzioni, anche quando comprende cosa fare.
Perdita frequente di oggetti importanti (chiavi, penne, zaini, appunti).
Dimenticanze ricorrenti su appuntamenti, materiali, consegne.
Errori superficiali per mancanza di attenzione ai dettagli.
🚫 Non è ADHD se:
Capita ogni tanto di distrarsi, specialmente in periodi di stress o noia. Anche dimenticare, (anche ripetutamente!) qualcosa è normale in momenti di pressione, sovraccarico di pensieri, difficoltà. Il problema nell’ADHD è la frequenza e l’impatto reale sulla vita.
2. Iperattività (non è solo “avere tanta energia”)
L’iperattività in chi ha ADHD è un bisogno incontrollabile e continuo di muoversi o agire, anche in contesti che richiedono calma. Non si tratta di un temperamento vivace, ma di un’attivazione interna difficile da regolare.
✅ Sintomi reali:
Movimenti continui (mani, piedi, spostamenti frequenti, battere le dita, alzarsi spesso).
Parla molto o ininterrottamente, anche quando non è il momento di farlo.
Fatica a stare seduto o fermo in situazioni dove è richiesto (lezioni, riunioni, pasti).
Non riesce a fare giochi o attività tranquille senza agitarsi o distrarsi.
Comportamenti motori inappropriati all’età o alla situazione (correre, arrampicarsi, agitarsi in luoghi pubblici).
🚫 Non è ADHD se:
Una persona è semplicemente entusiasta, sportiva, o si muove molto quando è nervosa o contenta. Per quanto riguarda i bambini è fondamentale verificare se il movimento ritenuto eccessivo è ripetuto nel tempo e in diversi contesti, non solo magari nelle ore scolastiche, attivato magari dal poco interesse per l'attività proposta L’iperattività patologica è pervasiva, disfunzionale e difficile da gestire, e soprattutto si ripete anche nei momenti in cui il bambino "vorrebbe" star fermo, nel momento in cui è interessato all'attività che sta svolgendo.
3. Impulsività (non è solo “essere spontanei”)
L’impulsività nell’ADHD non è una scelta, ma una difficoltà reale a inibire reazioni immediate. È come se il filtro tra il pensiero e l’azione fosse poco funzionante.
✅ Sintomi reali:
Interrompe frequentemente gli altri o parla sopra le conversazioni.
Risponde prima che la domanda sia completata.
Fa scelte improvvise o rischiose, senza valutare le conseguenze (es. attraversare la strada di corsa, spendere soldi senza riflettere).
Difficoltà a gestire le emozioni intense, che esplodono in modo repentino (scatti di rabbia, crisi, eccessiva frustrazione). Fondamentale la diagnosi differenziale con altri tipi di disturbi nel controllo delle emozioni.
Tende a pentirsi subito dopo, ma non riesce a fermarsi prima.
🚫 Non è ADHD se:
Ogni tanto si prende una decisione impulsiva, si sbotta in una discussione o si agisce d’istinto, ma poi si riflette e ci si corregge. Non è ADHD se si ha una tendenza a "dire ciò che si pensa" , come spesso vedo ripetere nei vari post social.
Nell’ADHD, questi comportamenti sono costanti! e difficili da controllare. Non vi è una distinzione tra le varie occasioni, cosa che invece accade quando questa caratteristica è data da una questione caratteriale.
🔄 ADHD: un pattern, non un episodio
Per parlare davvero di ADHD, i sintomi devono essere:
Presenti da almeno 6 mesi.
Evidenti prima dei 12 anni (anche se non sempre diagnosticati subito).
Riconoscibili in più contesti di vita (scuola, casa, relazioni, lavoro).
Interferire in modo significativo con il funzionamento personale, sociale o scolastico.
Le conseguenze cliniche e sociali di un uso improprio
Diagnosi inappropriate: aumentano le diagnosi frettolose o errate, spesso basate su autovalutazioni online o su consulti non specialistici.
Accesso ostacolato per chi ne ha davvero bisogno: le persone che convivono realmente con l’ADHD rischiano di vedere banalizzata la propria condizione, con ricadute sulla qualità del trattamento e sul riconoscimento sociale.
Medicalizzazione inutile: in alcuni casi, l’abuso diagnostico può portare a trattamenti farmacologici non necessari, con possibili effetti collaterali e un impatto negativo sulla salute mentale.
Stigmatizzazione inversa: da disturbo clinico, l’ADHD viene talvolta trasformato in una “moda”, con il rischio che chi riceve una diagnosi vera venga screditato o non preso sul serio.
L’importanza di un approccio serio e competente
Di fronte a un disagio psicologico, il primo passo non dovrebbe mai essere l’etichettamento, ma l’ascolto. L’autodiagnosi può offrire un senso momentaneo di comprensione, ma spesso impedisce di esplorare le vere cause del malessere. Il lavoro psicologico richiede tempo, profondità e personalizzazione.
Solo un professionista realmente esperto del disturbo può aiutare a comprendere se si tratta realmente di ADHD o se dietro vi sono esperienze emotive, contesti educativi, dinamiche familiari, fattori ambientali o altri tipi di disturbi che generano difficoltà simili.
Conclusione
L’ADHD esiste, è reale, ed è importante che venga riconosciuto e trattato con serietà. Ma proprio per questo, è fondamentale non abusarne. Quando una diagnosi diventa una moda, le persone – tutte – ne pagano il prezzo. Serve responsabilità, da parte dei professionisti, dei media e degli utenti stessi. Rispettare la complessità della mente umana significa anche non cercare scorciatoie, ma affrontare il disagio con consapevolezza, rigore e umanità.
scritto da
Elizabeth Moore
dr.ssa Elizabeth Moore
📚Bibliografia
American Psychiatric Association (2014). DSM-5 – Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Raffaello Cortina Editore.➝ Riferimento ufficiale per la diagnosi dell’ADHD, con criteri aggiornati e spiegazioni cliniche.
Barkley, R. A. (2021). ADHD: Che cos’è e cosa fare. Erickson.➝ Uno dei massimi esperti mondiali sul disturbo, con una guida chiara e completa per professionisti e genitori.
Marzocchi, G. M., & Valeri, G. (2010). ADHD: Una guida per genitori e insegnanti. Erickson.➝ Manuale divulgativo e pratico per riconoscere i sintomi reali e affrontare le difficoltà scolastiche e comportamentali.
Trisciuzzi, G. (2022). Psicopatologia della moda: Quando le diagnosi diventano tendenze. FrancoAngeli.➝ Un'analisi critica dei fenomeni di sovradiagnosi e dell’uso improprio delle etichette psicologiche.
🔗 Risorse Esterne utili sull’ADHD
ISS – Istituto Superiore di Sanità👉 ADHD: disturbo da deficit di attenzione e iperattività➝ Scheda informativa chiara e aggiornata a cura del portale salute dell’ISS, con spiegazioni sui sintomi, diagnosi e trattamenti.
Ministero della Salute – ADHD👉 Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD)➝ Pagina ufficiale che descrive l’inquadramento diagnostico e la rete dei centri specializzati in Italia.
Gian Marco Marzocchi – Università di Milano Bicocca👉 Materiali e conferenze sull’ADHD➝ Psicologo e ricercatore di riferimento in Italia sull’ADHD. Il suo approccio promuove valutazioni accurate e multidisciplinari
AIDAI – Associazione Italiana Disturbi Attenzione e Iperattività👉 Sito ufficiale AIDAI➝ Portale informativo dell’associazione italiana per i disturbi dell’attenzione, con risorse per genitori, insegnanti e professionisti
The Conversation – ADHD e diagnosi eccessive👉 “Crescita esplosiva delle diagnosi di ADHD: cosa sta succedendo?”➝ Articolo divulgativo ma ben documentato che riflette sull’aumento delle diagnosi e sull’influenza dei social e dei trend culturali.